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ORAZIO ANDREA SANTAGATI

Sono nato a Catania nel 1960 ma già all’età di due anni ho seguito i genitori a Roma in cui sono cresciuto e tuttora lavoro. Per donare alla mia famiglia una vita più tranquilla, a contatto con la natura, dal 1999 vivo in un casale sulle colline di Palidoro nel comune di Fiumicino. Una frazione nota per l’atto eroico del vice brigadiere Salvo D’Acquisto che nel 1943 si sacrificò per salvare ventidue innocenti dall’oppressione nazista. A onor del vero mi sarebbe piaciuto vivere in Sicilia, un’isola a cui mi sento fortemente legato, ma non rimprovero il caso che mi ha condotto nella capitale, la città più bella del mondo. Non viaggio molto, non mi piace. Sono però convinto che viaggiare aiuta soprattutto a capire quanto è importante il luogo in cui si vive stabilmente. La mia avventurosa esistenza mi ha comunque portato a visitare diversi angoli del mondo: Svizzera, Austria, Germania, Francia e Medio Oriente. Non sono mai stato negli Stati Uniti nonostante negli anni dell’adolescenza fui vittima del sogno americano. Molti ricordi dell’infanzia sono intrecciati a sogni, fantasie, miraggi e invenzioni della mente. Ero un bimbo introverso, taciturno, creativo. Non troppo dissimile da come sono ora. Passavo le ore col naso all’insù ad ammirare il cielo, l’infinito spettacolo degli astri e a immaginare viaggi nello spazio. Nel 1969 venni letteralmente folgorato dallo sbarco sulla Luna dell’Apollo 11 e sognavo di fare l’astronauta, partecipare a scoperte spaziali, missioni eroiche a bordo di navicelle interstellari. A scuola studiavo, apprendevo, ma non riuscivo a ottenere grandi risultati. La timidezza mi limitava nell’esposizione e venivo spesso rimproverato per distrazione. Possedevo una fervida immaginazione che non riuscivo a trattenere entro i limiti silenziosi del pensiero e descrivevo di conseguenza le emozioni sulla carta. Infine, metodicamente, strappavo tutto per evitare di svelare i miei segreti... L’esperienza mi ha poi insegnato a rapportarmi agli altri con più sicurezza e ad avere più fiducia in me stesso. Ho un passato da pugile professionista, carabiniere, paracadutista, soldato con medaglia d’argento, bodyguard… Devo tutto alla nonna materna, è lei che mi ha educato e mi ha aperto la mente senza raccontarmi favole o verità di comodo. Mi spiegò per esempio che alla fine della vita c’è solo la morte e rimasi scioccato, frustrato, per mesi. Fu la paura più grande che caratterizzò la mia infanzia, la coscienza dell’inutilità della vita e dell’ingiustizia della morte. Paura infine vinta, ci convivo infatti serenamente. Non ho bisogno di esorcizzarla, neppure di distrarmi, l’assoluta evidenza di tale verità trova ancora incontrovertibile giustificazione nelle schiette parole della nonna. È stata lei anche a insegnarmi il valore dell’amore sostenendo che è la forza principale dell’universo, il principio di responsabilità e dignità più importante della vita. Ciò che scrivo riguarda del resto espressamente l’amore, mi definisco anzi un tossicodipendente dell’amore. Non so quando è nata la passione per la scrittura, da che ne ho ricordo c’è sempre stata. Le storie sorgono dall’istinto, non uso appunti, schemi, idee pronte. Mi siedo e lascio fluire il dettato dell’inconscio proiettando nelle pagine la parte migliore e peggiore di me stesso. Sono un distorto creativo irregolare, non di certo un abitudinario. Non seguo dei riti precisi e, pur amando il silenzio, ho scritto i pezzi migliori nel treno che mi riporta a casa la sera. Scrivo di getto, senza quasi rendermi conto di ciò che sto facendo. Tocco i personaggi quasi fossero di carne e sangue, percepisco le loro emozioni, il battito del mio e del loro cuore. Il mio stile non è condizionato da altro. Non ho mai letto un libro prima di scriverne uno. Ho preso a leggere da pochissimo, ispirato dai miei maestri, Stefano Giovanardi e Noa Bonetti ed ora ammiro Giovanni Verga, Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia, tre autori paradossalmente siciliani. Non ritengo la scrittura un mestiere ma una vocazione. Trovo che il bravo scrittore sia colui in grado di leggere in se stesso provando dolce stupore e meraviglia per quanto riesce a descrivere e immaginare. Dovessi dare un titolo alla mia biografia la chiamerei Le Cicatrici del Cuore, ne ho di così colorate che paiono un arcobaleno.

 
     
     
 
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