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DANILO ARONA

Non ricordo com’ero da piccolo e diffido da chiunque voglia costringermi a rievocare un passato lontano, indisponibile. Riconosco però che l’essenza dell’individuo non cambia con gli anni e devo per forza rispecchiarmi nel fanciullo che sono stato. I giochi dell’infanzia sono d’altronde le passioni che coltivo tuttora, fantascienza, horror, libri, cinema… Ho cominciato a scrivere per divertimento cercando di dare forma ordinata a sogni e incubi di gioventù, a quella paura del buio che mi ha ispirato e terrorizzato nei primi anni della vita. Gioco che si è poi trasformato in lavoro, ragione di vita, pura energia che connette a dimensioni invisibili. Una ragione vicina ai meccanismi della fisica quantistica. Scrittori si nasce ma si può, si deve, migliorare. C’è costante bisogno di studio, lucidità, forza, memoria, capacità d’intrecciare esperienze reali, immaginazione e influenze esterne. Chi scrive è un rabdomante, un essere in divenire che sa comprendere e assecondare le trasformazioni della realtà. Una mago, un eroe di confine, un soggetto particolare dotato di speciali antenne recettive… Non è però sempre facile... Scrivere è un massacro, una fatica ardua, un duro mestiere dai risvolti inquietanti che talvolta possono trasformarsi in sorpresa e gratificazione. Dello stile non mi preoccupo, non so esattamente da dove viene. Ho alle spalle studi classici, sono laureato in filosofia e molto probabilmente l’impostazione generale della mia scrittura nasce da queste esperienze formative. Molto dipende dall’istinto, in secondo luogo dalla vita, dalle esperienze personali che affronto giorno dopo giorno. Proietto infatti nella scrittura un buon ottanta percento del mio essere Danilo e parlo della mia vita anche quando lavoro in territori di pura fiction. C’è un avvenimento in particolare che seguita a incidere sui miei libri, l’estate del 1962 trascorsa a Montemaggio, un vero e proprio trauma culturale… Considero comunque Edgar Allan Poe il primo determinante maestro. E naturalmente apprezzo la prosa di Haward Phillips Lovercraft, di Richard Matheson e di Ray Bradbury. Tre autori che hanno rivoluzionato il genere fantascientifico… Devo tanto anche al cinema, una fonte inesauribile di suggestioni per la fantasia. Per il resto, in accordo alla natura del mio segno zodiacale, navigo in un mare di ambiguità e contraddizione. Sono di fatto nato sotto la costellazione dei Gemelli. Non credo all’oroscopo ma devo per forza riconoscermi nelle caratteristiche sommarie che si associano a tale segno doppio. Creativo, giocatore, irrequieto… A dispetto delle determinazioni zodiacali mi ritengo però piuttosto limpido e considero la sincerità come pregio e difetto, peculiarità fondamentale del mio carattere. Se fossi un animale sarei un gatto, bello, simpatico e autonomo. Amo i felini e li ospito con sommo piacere in casa… “Il mio gatto fa quello che io vorrei fare ma con meno letteratura…”, spiegava brillantemente Ennio Flaiano. Proprio come un gatto amo essere tranquillo, vivere al riparo dai rischi, e dall’altro lato sento forte il richiamo dell’avventura, dell’esistenza errabonda. Ho viaggiato molto in passato visitando Spagna, Francia, Norvegia, Austria, Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Tunisia, Marocco e Stati Uniti. Ultimamente preferisco la quiete di Alessandria, il mio paese natio. Il luogo che mi ha visto crescere e che non lascerei per nulla al mondo. È qui che scrivo, appartato nella dignitosa quiete della mansarda o nel caos tollerabile dell’ufficio sul posto di lavoro. Mi do alle pagine con irregolarità, nonostante ambirei procedere con ritmi più ordinati ma spesso la vita lo impedisce. Non seguo riti propiziatori o distensivi. Non fumo e non bevo più. Ogni tanto mi lascio cullare da buona musica di sottofondo. Mi siedo al tavolo da lavoro senza un’idea precisa. In realtà non so mai dove andrò a parare… Amo però che la storia parta con la giusta tensione. Un incipit stoccante che faccia rumore e impressione. Uno schiaffo! Beh, non troppo forte. Non sono sempre soddisfatto di quanto produco. A un concorso di racconti fantastici una volta mi sono spacciato per mia moglie, mi faceva davvero schifo quanto avevo partorito… Racconto che per la cronaca vinse il primo premio. I miei libri alla fin fine ruotano tutti intorno al medesimo argomento, il problema del male. Una realtà ineluttabile, ingiustificabile, in cui l’uomo inciampa a ogni passo. Ecco, la mia letteratura è un work in progress sull’argomento del male. Il che significa scrivere spesso del bene, il contraltare necessario per la sopravvivenza di ciascuno.

 
     
     
 
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